domenica 2 maggio 2010

IL CONCERTO DEL 2 MAGGIO

Ogni anno dico che non ci vado, che oramai sono troppo vecchio per queste cose, e davvero restare in piedi per ore e ore sbattacchiati da quelli che devono passare (o si muovono tutti, o si muovono in pochi e passano tutti vicino a te...) non è facile nemmeno con venti anni di meno. L'anno scorso alla sirena-Vasco avevo resistito, a fatica, quest'anno Capossela ha vinto. Vinicio è probabilmente il più grande artista venuto fuori sulla scena musicale italiana negli ultimi quindici anni, e con la promessa di un set di quaranta minuti non si può mancare.
Arrivo che c'è Cristicchi, uno come il vino - migliora invecchiando. Subito dopo mi sorbisco quattro pezzi dub, un genere che non riesco ad apprezzare, ma questi so giovani e ballano. Ancora sono fresco e resisto a non usare lo sgabellino da campeggio, regalo di amici premurosi - è una figata, si piega fino fino e sta a tracolla, ne approfitto per guardarmi attorno. Che spettacolo...
Non ce quasi nessuno che guarda verso il palco, pochi dimostrano con i movimenti del corpo di sentire almeno la musica, alcuni si cantano la propria in coro tanto che se vuoi sentire il concerto devi spostarti, eppoi ballando ti urtano con gli zaini. Il tutto sopra un mare di bottiglie vuote, molte rotte. Li guardo meglio: sono tutti ubriachi. Le canne hanno lasciato il passo, ogni tanto se ne vede o se ne sente una, ma le bottiglie di plastica piene di vino di evidente pessima qualità sono migliaia e migliaia, e passano di mano in mano. A terra anche vuoti di rum, altri distillati, e una di cointreau: alle 6 di sera, scolata, una zozzeria che ti buca lo stomaco anche dopo una cena pesante.
Quest'anno il tema era "tutti i colori", e già un megapalco tecnologico cambiava tinta di continuo. In piazza, due palloncini blu per il referendum sull'acqua pubblica (firmatelo, se volete avere un futuro, e spingete il PD verso le posizioni di Vendola, se volete che la sinistra abbia un futuro), alcuni striscioni, due bandiere rosse di conto. I sindacati sono a Rosarno, daccordo, e hanno fatto pure bene; ma il primo maggio, perdindirindina, non era una manifestazione di sinistra? E allora perchè se googlo le origini del primo maggio mi spunta per primo un pezzo del Sole24ore?
Il disagio continua. Fanno fare tre pezzi a Bennato, uno che si era perso negli anni del craxismo (Viva la mamma e l'inno ai mondiali sono peccati che non si perdonano...) ma oggi è tornato a fare onesto rock'n'roll, solo qualcuno gli dicesse di non tingersi i capelli che tanto lo sanno tutti che ha sessant'anni. Poi c'è la pausa. Mi pare di ricordare che negli anni scorsi nelle pause qualcuno si preoccupasse comunque di intrattenere il pubblico, comunque centinaia di migliaia di persone è sempre meglio non abbandonarle anche solo per motivi di ordine pubblico, ma niente. Vado a mettere qualcosa sotto i denti, quando torno c'è l'orchestra sinfonica. Poi pausa. Poi Carmen Consoli. Poi pausa. Dopo ogni artista c'è pausa. Ma hanno pure il palco girevole, perché? Ah, già! La pubblicità! Siamo in prima serata, siamo in televisione! Il pubblico è cornice, come negli studi tv, ed ecco perché il concerto si fa ancora, quando i sindacati sono altrove, del lavoro non frega niente più a nessuno, la partecipazione politica una macchia nell'onore e non un dovere. Il concertone cammina sui suoi piedi, quelli di un evento televisivo capace di attrarre milioni in pubblicità, altro che manifestazione popolare...
Nutini è bravo, Capossela il solito istrione, e ha il merito di chiamare sul palco Enzo del Re (l'unico in tutto il concerto che avrà nominato B., ma ha l'aria del vecchio matto e ai vecchi matti tutto è concesso, e poi reclama il diritto di lavorare poco e piano, decisamente fuori mercato oramai) e l'immensa Ginevra Di Marco, ma fanno un pezzo lento e in questo marasma si sente qualcosa solo quando la musica sale. Zompiamo tutti assieme il ballo di San Vito, poi pubblicità, poi i bravi ma algidi Baustelle, poi pubblicità, poi Roy Paci che è uno tosto, prima ha duettato pure con Peppe Voltarelli e suonato con Vinicio, ma è condannato a fare la sigla di Zelig a vita... Lo sento mentre già sto andando via.
In serata il pubblico era più attento, ma la sensazione che resta è ancora quella di amaro in bocca. I giovani, anche quando dicevo "noi giovani", e io l'ho detto per poco perché per formazione culturale sono uno degli anni settanta e i ragazzi del riflusso erano solo di pochi anni più piccoli ma per me erano già un'altra generazione, erano "i giovani d'oggi" e io avevo 22 anni, i giovani dicevo sono stati sempre difficili da trattare. Non è l'alcol e le pasticche contro le sane vecchie canne di una volta. E' che fino a quindici anni fa, guarda tu il caso, i giovani  avevano un destino davanti che le generazioni precedenti avevano programmato per loro, poi potevano ribellarsi o adattarsi a quei piani e la cosa avveniva a cicli alterni, ma i piani c'erano: i padri pensano ai figli, al loro lavoro, al loro futuro, e anche i più scapestrati prima o poi capiscono e incassano. Chissà se i padri di oggi sono consapevoli del fatto che, avallando favorendo o anche solo accettando passivamente la politica del  lavoro e della cosa pubblica che si è praticata in Italia dall'avvento del berlusconismo in poi ed anche da parte del cosiddetto centrosinistra, stavano letteralmente privando i propri figli di un futuro purchessia. Non sanno nemmeno che una volta esisteva la possibilità di averlo, un lavoro fisso su cui basare la propria vita. Sentono, anche se non capiscono, di essere fuori dai piani di questo patto sociale, in cui il loro ruolo è quello di sfruttare fino a che possono le risorse accumulate dai loro genitori. E infatti lo fanno. Non sono loro i bamboccioni, sono quelli che li hanno messi in quelle condizioni, credendo che bastasse flessibilizzare il lavoro per averne per tutti, ignorando infantilmente che il capitalismo è come un adolescente scapestrato: se non gli fai rispettare delle regole, può rovinarsi e trascinarti nella rovina. Passa sta bottiglia, vah, questa musica fa schifo...

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