giovedì 13 maggio 2010

VECCHIA PICCOLA MISOGINIA

Se dite "Claudio Lolli" il 99% dei vostri interlocutori con meno di 45 anni risponderà "chi?". Eppure è stato il più giovane della leva cantautorale italiana degli anni 70, conterraneo di Dalla e Guccini e ai tempi non meno famoso.
Giovane, poi...: in realtà, a guardarlo, sembra non lo sia mai stato, meno che mai adesso che si porta malissimo i suoi 56 anni e si presenta malvestito e spettinato sul palco. Il fatto è che nella dimensione "forma-sostanza" lui è stato sempre sbilanciato verso la seconda, al punto che i primi lp erano praticamente privi di accompagnamento e arrangiamenti (e costavano la metà, la copertina del primo album  - nella foto - ne era un manifesto programmatico), e d'altro canto il Nostro è stato così integralista nel salvaguardare la propria verginità artistica che è forse l'unico di quel gruppo a non essersi arricchito e aver ancora bisogno di lavorare per campare.
E' però per questi stessi motivi un modello, al punto che uno dei siti migliori nella disanima della musica d'autore e di qualità italiana di ieri e oggi, con un attentissimo occhio alle nuove leve, fonte insostituibile di conoscenza e approfondimento anche per il sottoscritto tanto da metterlo nella colonna di destra di questo blog tra coloro che "controinformano davvero", si chiama in suo onore Brigata Lolli. Ecco come "bielle" parla del concerto cui ho assistito lunedì scorso. Io di mio vi aggiungo che è stato un evento commovente, come c'era da attendersi non di facile ascolto, ma non pesante, anche perché alleggerito di sovente dall'autoironia di Claudio stesso, che ha imparato a giocare col pubblico, anche quando presenta arrangiamenti minimali alle frontiere col jazz, forse nella bellissima e potente tournée col Parto delle nuvole pesanti in cui ha riproposto in chiave combat-folk quello che resta il suo lavoro migliore: Ho visto anche degli zingari felici.
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Non ancora abbastanza depresso, dico restando nell'ironia di Lolli, il giorno dopo sono andato a vedere Agorà al cinema. Come al solito rimando a commenti di altri (in questo caso Micromega) per un'analisi davvero seria, mentre di mio vi aggiungo le impressioni in soggettiva, questo almeno credo possa essere il mio modesto "servizio agli amici". Amenabar conferma il coraggio di The others e Mare dentro, e sfrutta benissimo i mezzi economici che comincia ad avere per confezionare un film che ti carezza gli occhi, per le ricostruzioni sceniche e le scelte registiche - per non parlare della sconcertante bellezza della protagonista, mentre ti riempie di pugni allo stomaco. Meno male che non ho creduto alle recensioni negative, evidentemente condizionate dall'attacco diretto al cristianesimo che la storia pare contenere; ma a parte che la stessa non è inventata, anzi il regista sceglie un approccio light anche quando avrebbe potuto impressionarci più di Mel Gibson (Ipazia è stata smembrata viva, non lapidata morta), in realtà l'attacco è contro ogni integralismo e fondamentalismo da dovunque venga e verso chiunque sia diretto. I popoli tendono ad avere memoria strabica, altrimenti non potrebbero trasformarsi così rapidamente da oppressi a oppressori come è capitato appunto ai cristiani sul finire dell'Impero Romano e ad esempio agli ebrei dopo la seconda guerra mondiale. Inoltre, guardacaso, c'è un tratto comune in tutte le forme di tirannia più o meno cruenta si siano affermate da quando siamo diventati Abele (agricoltori-allevatori-stanziali-patriarcali) da Caino (cacciatori-raccoglitori-nomadi-matriarcali) che eravamo: la misoginia. Ed è qui che guarda Amenabar, non scordandosi neanche di sottolineare che neanche il mondo classico dominato dalla "filosofia" ne era esente, Ipazia costituendo di fatto una delle non frequenti eccezioni, mentre svolge le tracce principali del suo tema storico pieno di frecciatine alla cronaca.
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Infatti il sistema di valori imperante nella civiltà occidentale odierna, analfabeta di ritorno per via televisiva, tende in ogni modo ad azzerare le conquiste delle donne in tema di dignità personale degli ultimi decenni, e non solo per via dell'immagine femminile pornografica imperante (ma ovunque, nelle conduzioni televisive come in politica, nella pubblicità come su facebook, più ancora che nei film porno stessi) e dell'offensiva ecclesiastica di stampo preconciliare che nulla ha da invidiare all'integralismo islamico. Soprattutto, invece, nella squalificazione dell'amore a una paccottiglia di concetti romantici stravolti e riciclati, che chiamerei moccianesimo ma solo per intenderci perché il povero Moccia ne è solo immagine riflessa (anche se ci è arricchito). Ed è qui che ci azzecca l'accostamento con Lolli: nel suo ultimo disco, da cui nasce questa tournée, ricanta - distorcendole ancora - le sue poche canzoni d'amore di una carriera piena di canzoni politiche e sociali. Ma l'amore che canta lui è una cosa così alta che quelli che straparlano d'amore nelle canzoni, nei libri, nelle trasmissioni tv, non sanno nemmeno che esiste. E' un incontro da pari a pari, una dialettica difficile e indicibile, una lettera inserita in una busta con fuori scritto "non aprire mai".

C'è come una tela di ragno diceva, in cui mi sento prigionera,
ho sulla pelle qualcosa o qualcuno che senza stancarsi mai ci lavora,
mi copre di fili d'argento e mi lascia da sola a camminare in mezzo alla gente,
vivere in fondo non è necessario, ma certo non è sufficiente.
Ed è per questo, diceva, che io per me preferisco non dover scegliere mai,
l'inizio o la fine e nessuna storia, la serenità non sa convivere con la memoria.
Non mi sono mai conosciuta, diceva, e scommetto che non mi conoscerò,
non saprei mai rigirarmi nei miei angoli ottusi, nei miei angoli acuti,
preferisco svegliarmi per caso di notte e poi sparire in bocca al metrò,
io preferisco i mesi agli anni, le ore ai giorni, i secondi ai minuti.
Ed è per questo, diceva, che io non avrò paura di non aver niente da dire
e di non credere mai a quello che dico, di essere sola o di avere più di un amico.
Nei buchi neri del mondo è difficile perdersi completamente,
c'è sempre un momento in cui si ritorna con le mani nervose a domandare di niente,
ma lei c'è riuscita, diceva, non credo che ti ricorderai,
mentre ridendo mi lasciava una busta con scritto non aprire mai.
Ed è per questo che noi da oggi, abbiamo smesso di cercarla,
avrà certo fatto ancora molte volte l'amore,
avrà certo passato il confine straniero,
starà certo aspettando da sola il suo grande sospiro.

3 commenti:

pasqbass ha detto...

Il rimanere coerenti,magari per una vita intera, alle proprie idee ed al proprio sistema di valori, senza cedere alle varie sirene che ti spingono a cambiare registro per ragioni di mercato è comunemente interpretato come incapacità di cambiare, grigio comportamento vetero-stalinista, mancanza di creatività etc. etc.; per me si tratta solo di dignità. Grazie Lolli.
pasq

Salvo Manzone ha detto...

grazie per questo piacevole e illuminante articolo.

PS
conosci il mio doc su Lolli?
http://www.epinoia-prod.com/lolli.htm

cugino ha detto...

non lo conosco, ma ora lo cerco
grazie dell'apprezzamento

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