Mentre oggi 29 settembre qualcuno di purtroppo molto importante per le sorti di questo povero Paese festeggia il compleanno (il settantaduesimo, coraggio, sembra meno ma se avete vent'anni di vita davanti conoscerete un'Italia senza di lui sulla scena politica), e qualcun'altro ricorda con nostalgia delle scappatelle giovanili di quando era seduto a quel caffè, noi preferiamo celebrare un ottantaduenne scomparso un paio di giorni fa.
Paul Newman non era solo un grande attore, era uno dei pochi dell'ambiente ad essere unanimente considerato un brav'uomo. Come si è potuto leggere in tantissimi coccodrilli (qui quello di un blog amico), aveva in piedi strutturate organizzazioni di beneficenza, e militava attivamente nell'area più progressista della politica statunitense.
A differenza del succitato e di troppi altri politici italiani, aveva da tempo lasciato le scene (ultima bellissima rappresentazione il boss di Era mio padre nel 2002), nonostante il suo enorme talento gli avrebbe certamente consentito di regalarci anche minimi momenti anche dopo la conclamata malattia. Di lui si ricordano tanti film splendidi, da Lo spaccone a Il colore dei soldi (per il quale ebbe un tardivissimo Oscar), da La stangata a Intrigo a Stoccolma, a La gatta sul tetto che scotta.
Ma a noi piace ricordarlo per la prima interpretazione che lo consacrò, in uno dei migliori film di quel filone pugilistico le cui metafore della vita tanto hanno dato alla cinematografia: Lassù qualcuno mi ama. Storia vera di un ragazzo figlio di immigrati italiani che si riscatta attraverso la boxe, Rocky Graziano, che ci ricorda anche quella di un altro grande pugile italoamericano, quel Jack La Motta portato sullo schermo da un gigantesco De Niro in Toro Scatenato, o anche per accostamento fonetico quel Rocky Marciano cantato da Fossati in un pezzo come Boxe, il cui refrain che fa "un uomo non va così lontano" ci sembra il miglior saluto per il grande Paul Occhiblù Newman.
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