Come si dice? "riceviamo e volentieri pubblichiamo"; anzi, molto volentieri, perchè è più che giusto che di donne parlino le donne, perchè un blog per natura si presta bene alla pluralità di voci e toni, e perchè sostanzialmente condivido quanto scritto: mi dissocio solo dalla vena di ottimismo secondo me un tantinello eccessiva (il momento in cui le donne si affrancheranno nella vaticanissima Italia è lontano, e anche in Australia si sente la crisi) ma è soltanto perchè sono un vecchio brontolone. Benvenuta, Gemma Serena, aspetto altri contributi!
Giusto un mese fa, sono stata svegliata all’alba da un sms, inviatomi da un amico che vive nella terra dei canguri, che mi annunciava un evento storico. Riporto fedelmente: “Per la prima volta in Australia è stato eletto un Primo Ministro donna. L’ex Primo Ministro è stato scaricato dal suo stesso partito perché ritenuto non all’altezza. Dio benedica l’Australia! Ma in Italia ci sarà mai una donna a capo del governo?”
Considerata la mancanza di lucidità dovuta all’ora, ho mugugnato maledizioni incomprensibili in direzione Est nella speranza che, malgrado il fuso, arrivassero direttamente sul cellulare del mio zelante amico. Ma il sonno era perso, ormai, e quella non era affatto notizia di poco conto. Per non parlare della domanda…Ho preso il telefono e ho digitato la risposta: “Dio è troppo impegnato a sostenere le donne australiane per potersi curare di quelle Italiane!”.
A quel punto, curiosa, apro internet e leggo i quotidiani d’oltre oceano che riportano la notizia dell’elezione di Julia Gillard, avvocata di 47 anni, originaria del Galles, già Ministra dell’Educazione e del Lavoro nel governo di quel Primo Ministro mandato a casa dai suoi. Scopro anche che la laburista Gillard non è solo la prima donna Primo Ministro nella storia dell’Australia: è anche la prima leader donna del suo partito.
Uno dei suoi primi impegni dichiarati la trasforma immediatamente in una mia sorella: “vi dimostrerò come possono cambiare le cose quando vengono affidate alle donne”.
Cerco una sua immagine: ha un viso interessante, i capelli rossi e una vaga somiglianza con l’attrice Jodie Foster. Trovo una foto di lei appena eletta: cammina in testa a un gruppo di uomini, lo sguardo rivolto lontano, il sorriso fiero. Mi piace, penso. E immediatamente la incollo su un foglio word e faccio volantinaggio via mail a tutte le mie amiche, con tanto di commento amaro: “noi ce la sogniamo una svolta così!”. Non lo dico per pessimismo, ma in quel momento proprio non mi riesce di credere che, un giorno, anche io potrò inviare un sms in qualche parte del mondo per annunciare l’elezione di una donna a capo del nostro governo.
Seguo le vicende australiane per simpatia verso i koala, i wombat e gli aborigeni, oltre che per parenti e amici che hanno scelto di vivere in un Paese moderno. E così, sulle tracce di questa “rivoluzione aussie”, scopro che l’elezione di “Julia la rossa” è divenuta fonte di ispirazione per moltissime giovani donne.
“L’esempio della Signora Gillard mi spinge a impegnarmi negli studi” dice una ragazza di 18 anni “così che un giorno anch’ io possa essere un modello positivo per la società. La sua elezione darà alle donne del mondo la fiducia necessaria per credere che tutto è possibile. In una nazione con l’85% di studenti figli di immigrati, Julia Gillard, anch’essa immigrata figlia di immigrati, dimostra che si può arrivare in alto, non importa da dove vieni, dove sono cresciuti i tuoi genitori, quali sono state le tue difficoltà. La Gillard ha fatto la storia australiana e sono certa che un giorno io e molte altre donne potremo seguire le sue orme per rappresentare la nostra nazione”.
“Per me” dice una liceale “ Julia Gillard è un grande modello. Non solo è stata in grado di mostrare che la politica australiana e il potere non sono appannaggio esclusivo degli uomini. E’ anche una donna capace e intelligente, diversa dagli stereotipi di celebrità per teen-agers . Un vero modello cui guardare e da cui trarre ispirazione”.
Vado avanti, altre dichiarazioni di ragazze e giovani donne che per la prima volta cominciano a interessarsi di politica, conquistate dall’elezione di una loro simile. Le parole sono piene di entusiasmo, di passione. Mi entusiasmo e mi appassiono anche io tanto che decido di chiamare il mio amico, messaggero della notizia. Gli chiedo conferma di quanto ho letto, voglio sapere cosa ne pensa, cosa ne pensano i suoi amici e le sue amiche, le sue sorelle, sua madre e suo nonno. Tutti contenti, mi dice, ma soprattutto consapevoli dell’importanza di una svolta epocale per una nazione giovane e per giovani.
Per un attimo provo invidia per gli Australiani. Per più di un attimo a dire il vero. Non solo perché l’Australia è una delle nazioni dove di crisi, al massimo, hanno sentito parlare al tg della sera come notizia dagli esteri, ma perché si ritrova a essere governata da una donna in gamba, una donna determinata che, sono certa, saprà dimostrare il valore delle donne proprio come si è ripromessa di fare appena eletta.
E allora come non pensare all’Italia, alla situazione che viviamo qui? Mi vengono in mente le nostre adolescenti che si identificano nelle partecipanti di reality e talent show. Ragazze la cui massima ambizione è entrare nell’illusorio mondo dello spettacolo, vestite di niente e disposte a diventare tangenti umane in trattative private fra uomini di potere.
Penso a quante poche donne abbiamo in parlamento e all’effettivo valore di coloro che sono arrivate a sedersi su quelle poltrone; a quante rivestono ruoli istituzionali significativi, a quante hanno accesso al potere e a come, eventualmente, si trovano a doverlo gestire.
Penso che questo non è un Paese per donne perché qui la cultura patriarcale, rinvigorita dai deliri di un satiro settantaquattrenne che ha contribuito a creare modelli femminili al silicone, non ci permette neppure di immaginare che un giorno una donna potrà guidare questa barca alla deriva. Che non serve studiare, prepararsi, che se si ha dalla propria bellezza e gioventù si può anche essere elette e, chissà, diventare ministre per rappresentare e difendere il Premier, sempre rigorosamente uomo, fino a negare l’evidenza dei fatti. E i fatti dicono che non sei tu, ministra dallo sculettante passato di valletta muta; che non sei tu parlamentare ex meteorina; che non sei tu assessora un tempo ragazza immagine, a contare qualcosa. Tu sei solo una marionetta dall’aspetto gradevole, un pupazzo che muove le labbra e sputa il veleno del ventriloquo. Tu stai lì, con gli occhi sgranati a stupirti di tutte quelle donne che non si identificano col modello che rappresenti. Perché non sei credibile, non sei autorevole. Non hai un seguito, un fan club (esistono ancora?) un gruppo di sostegno su Facebook. E come si fa a identificarsi in te? Che sarai pure arrivata in alto ma non sei stata scelta da noi, continui a non essere scelta da noi donne avverse all’addomesticamento e all’omologazione.
In un Paese che cancella la speranza, che crea falsi miti, che fa coriandoli della dignità umana, che rende le anime precarie e inquiete, che premia i disonesti, l’esempio di una nazione come l’Australia che si mette nelle mani di una donna - un’ immigrata che diventa avvocata di successo, ministra, leader di partito e Premier - marca ulteriormente le differenze e le aberrazioni della nostra politica scadente e misogena.
Siamo l’unica nazione in cui non c’è scandalo politico che tenga, dico amareggiata al mio amico australiano durante la nostra conversazione telefonica. Pensa, mi dice lui, che qui l’ex Primo Ministro, a causa di scelte politiche non condivise, ha perso il consenso dei membri del suo stesso partito perché questi erano preoccupati che la loro buona amministrazione potesse perdere terreno. Come dire: meglio prevenire.
Per questo, con votazione unanime, lo hanno sostituito con la Gillard. E c’è stato pure qualche australiano che ha nutrito dubbi sulla bontà di quella democrazia: “il popolo lo ha votato e il suo partito lo ha buttato fuori”. Pensare che noi la riabiliteremmo la democrazia se accadesse che la maggioranza mettesse all’angolo il suo rappresentante!
Intanto, la Primo Ministro, consapevole di non essere stata votata direttamente dalla gente, ha già indetto nuove elezioni. Ha coraggio da vendere, questa Julia. E se è vero che nessun impero dura in eterno, anche le donne Italiane, in mancanza di figure politiche femminili convincenti, dovrebbero prenderla a esempio. Per essere pronte quando arriverà il loro tempo. Che non è poi così lontano…
Gemma Serena
4 commenti:
Ancorché "il vento Julia" abbia tracciato una svolta epocale nel nuovissimo Continente, dimostrando ampie vedute e coraggio di cambiare, penso che, sia in Italia ma più in generale, il problema del buon Governo non sia tanto legato al rosa o all'azzurro, ma alla mancanza di persone che abbiano a cuore il bene del proprio Paese...e non quello personale.
Facendo un parallelismo potremmo dire che anche il vecchietto settantaquattrenne è figlio del cambiamento (dopo mani pulite c'era rimasto ben poco), proprio come Julia. Magari la sostanziale differenza sta nel fatto che difficilmente l'attuale maggioranza avrà la forza (e la volontà) di mandarlo a casa! Probabilmente le POLTRONE italiane sono più comode di quelle australiane.....
Al momento, in Italia, non esiste una vera leadership, che sappia influenzare le coscienze per l'obiettivo "Italia".
Quindi, se l'obiettivo è cambiare ben venga anche un capo di Governo donna (basta che non sia la Carfagna o la Carlucci), magari un tipo "massiccio e inc..." alla "Anna Finocchiaro" che sappia, con la sua forza, far tornare a sventolare la Bandiera dell'Italia!
concordo: è un problema di reclutamento della classe politica generale ed annoso, di cui la componente sessista è un effetto e non una causa
ma dissento dal tuo esempio: la finocchiaro è tutt'altro che massiccia e inc..., è il tipico esempio negativo di esponente del pd fin troppo morbido (ed ha peraltro dimostrato il suo "valore" nelle elezioni regionali siciliane...)
una volta speravo nella melandri, ma a giudicare di come hanno ingabbiato la serracchiani penso che abbiamo poche speranze....
Il vero problema non è sostituire Berlusconi che, comunque, prima o poi (speriamo prima) farà la fine che merita. Il problema vero è rifondare le coscienze degli Italiani e l'idea stessa di politica che deve riappropriarsi del suo significato autentico di servizio disinteressato alla società.
Al momento, non sembrano esserci politici disposti a farsi strumento nella mani di quelli che dovrebbero essere i veri protagonisti della politica: i cittadini. Tuttavia, vi sono realtà locali molto interessanti che lasciano ben sperare. I tempi non saranno forse rapidissimi, ma confido molto nel fatto che nulla dura in eterno e che persino l’inaspettato può accadere.
A dispetto del pessimismo di cui tutti ci siamo intrisi, io per prima.
Gemma ci induce a riflettere sulle differenze fra il nostro e un paese “moderno”, l’Australia, seppure anch’esso colpito dalla crisi. La sua riflessione mostra che le difficoltà economiche, da sole, non sono sufficienti ad abbattere il tenore etico di un popolo.
Gemma, condivido il tuo tenue ottimismo sul quale vorrei puntare una piccola luce.
Penso che se da un lato i modelli ispirati al dominio sono in grado di pervadere le coscienze di molti, dall’altro, accanto ad essi, ne sopravvivono degli altri, a mio parere non meno pervasivi seppure e in apparenza un po’ meno “attrezzati” sotto il profilo della loro diffusione.
Parlo dei modelli di vita e di lavoro ispirati ai valori della libertà correttamente intesa, della solidarietà liberata dalla retorica, della nostra antica cultura dell’ accoglienza del diverso e dello straniero, liberata dal dubbio di essere incapaci di comprendere e di assumere le differenze.
C’è un modo di produrre ricchezza che non si fonda sul profitto puro e semplice.
C’è un modo di informare e di comunicare che non scinde la forma dal contenuto, che non utilizza il “martellamento” come forma di persuasione ma sa puntare sulla qualità delle produzioni e delle relazioni.
Mi riferisco, ad esempio, alle imprese italiane, presenti soprattutto in agricoltura, gestite da donne. Imprese sane, con una mortalità bassissima e, per lo più, improntate ad una ecologia che investe tanto la produzione, quanto le relazioni con il contesto.
Queste sono leve di civiltà che ancora vivono nel nostro Paese, la cui pervasività non è da dimostrare se sono state e sono in grado di contribuire allo sviluppo senza generare povertà.
Per questo ritengo che diffondere e commentare notizie come la nomina di Julia Gillard al governo dell’Australia, così come sottolineare il suo gesto di responsabilità nel presentarsi all’investimento del suo popolo, sono azioni implicitamente educative ed esempi di ottima comunicazione che offrono una sponda alla possibilità di nuove e vigorose candidature femminili al governo dell’Italia. L’Italia ha bisogno delle competenze femminili in politica, di un modo anche femminile di governare e se c’è bisogno di ispirarsi fuori dal nostro Paese, non sono altrettanto sicura che qui non vi siano già presenti tali, necessarie, capacità. Magari non all’interno dei nostri partiti.
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