venerdì 23 dicembre 2011

IL SENSO DEL NATALE, IN MUSICA

Il 30 dicembre a Barcellona Pozzo di Gotto c'è il Bonarma Day,
concerto a favore degli alluvionati di serie C: se non puoi andarci,
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Di questi tempi di solito mi abbandono a disquisizioni antinatalizie o per via religioso/filologica (la festa di Mitra o del Sole che nasce) o per via anticonsumistica, ma quest'anno alcune novità sul piano privatissimo (che quindi non vi dico, al che voi potreste interpellare il Grande Capo di Lillo e Greg...) mi inducono a fare per la prima volta gli auguri di Natale ai miei (pochi) lettori, e non c'è modo migliore che in musica.
Parlando di musica e affini, da queste parti si parla di musica pop (nel senso ampio del termine, quello anglosassone, che include molti altri che da noi ci ostiniamo a chiamare generi: dal rock all'autorale alla world arrivando anche a includere in parte blues e jazz), perché la classica non ci arrivo e la lirica non la sopporto, anche in quanto espressione del peggior lato del carattere italico. E se ne parla un po' così, a caso, proprio come quando si facevano i regali di Natale a tutto il parentado, e a zio Tizio toccava sempre lo stesso portachiavi.
Ho visto Patti Pravo dal vivo alla Stazione Birra. Il fatto che una anziana signora vada in tournée per i club di tutta Italia significa due cose: 1) stiamo parlando di una persona dalla vitalità anomala, magari non sempre naturale ma niente moralismi, che purtroppo non ha solo questo modo di non arrendersi al passare del tempo (condivide infatti con altre dive anche più giovani un'eccessiva confidenza coi chirurghi, ma appena ti ci avvicini pensi che lei il suo lo dovrebbe denunciare) - 2) se anche hai venduto milioni di dischi ma non sei l'autore non campi di rendita, e sei sei ancora in grado e ti piace vai in giro a sudare, altrimenti ti affidi solo alle comparsate televisive festivaliere e non (e per fortuna non è il suo caso, mitica Strambelli).
Non ho visto Enzo Jannacci da Fabio Fazio: sapevo già (sono anni che l'ex imitatore ripete se stesso) che sarebbe stata una cosa tipo quella di De André ma col de cuius ancora vivo, una roba da grattarsi a sangue i cosiddetti essendo nei panni del grande Enzo. Ma sull'opportunità di rendere tributo a un vero gigante della musica italiana, uno che (prima di Tom Waits) ha scritto bellissime melodie impedendo col suo modo di cantarle che ce ne accorgessimo, e testi che quando sono poetici se ne fregano di un Vecchioni quando sono satirici di un Guzzanti a caso (ho il vinile di Quelli che..., l'album scritto con la collaborazione dell'indimenticabile - ma purtroppo dimenticato - Beppe Viola) e quando sono politici di un Lolli o di un Guccini, e di farlo adesso che può goderselo, siamo perfettamente d'accordo: solo che scelgo questo speciale uscito su bielle.org, bello corposo anche se lettolo tutto ancora resta la voglia di riascoltare Jannacci dal vivo e andarlo ad abbracciare a fine concerto, e maledire il fatto che invece il vecchio chirurgo cintura nera a calcare i palchi non ce la fa più.
Comunque, io guardo poco la tivù e invece vado tanto a vedere la musica dal vivo, mentre invece ho smesso di comprare i cd (bruttissimi, concordo con Leonardo): la musica si trova in Rete in molti modi legali, ormai, e trovo in fondo estremamente etico che i guadagni da diritti d'autore siano ormai minima parte del sostentamento di un musicista - d'altronde, Mozart non ne percepiva. Gli stessi venti euro, insomma, sono buttati per l'acquisto di un quadratino di plastica (il 33 giri è un altro discorso, e sta tornando in auge...) ma ben spesi per un concerto dal vivo, tra l'altro a te autore e/o cantante nel primo caso ne arrivano uno o due nel secondo di più, solo che guadagni in proporzione di quanto fatichi, la qual cosa se mi permettete è buona a giusta. Insomma, la musica l'avete digitalizzata voi, ora sta a voi, brutte capre dell'industria discografica dalla progettualità miope, trovare il modo di campare dato lo sviluppo tecnologico, la guerra alla pirateria essendo una battaglia di retroguardia persa in partenza che quindi conviene abbandonare, come già anche i governi più illuminati hanno capito.
D'altra parte, perché non solo l'industria discografica ma anche tutti gli altri settori produttivi possano beneficiare di quell'importante per quanto non decisivo fattore costituito da Internet, occorre come in qualsiasi altro campo che uno Stato che abbia a cuore la questione si occupi delle infrastrutture di base, cosa che tanto per cambiare invece in Italia non succede: siamo in coda in Europa per informatizzazione delle famiglie, al 22° posto con la Lituania per diffusione della banda larga. Eppure Internet può benissimo riuscire a effettuare, sia pure con modalità ed effetti diversi, un'opera di promozione simile a quella che ai miei tempi era demandata al passaparola: che funzionava benissimo, anche se tutti noi ci scambiavamo i dischi e ci registravamo le cassette, se pensate che fu allora che vennero fuori tutti quelli che oggi sono vecchi milionari. Vietare non serve a niente, e riservare la promozione ai network radiofonici e ai talent show serve solo a riproporre (per rischiare poco, e te credo con investimenti così grossi, ma se rischi poco ottieni poco...) all'infinito lo stesso modello una volta che lo si è imbroccato: il birignao dei cantanti maschi a valle di Cremonini, il virtuosismo manieristico delle femmine a valle di Giorgia.
Irritante: cantano tutti più o meno uguale, e praticamente la stessa canzone, cosicché qualcuno che voglia distinguersi deve inventarsi qualcosa a livello "prestazionale", rischiando le corde vocali come Giusy Ferreri e vedrete presto quel Sangiorgi. Per carità, si tratta di una malattia professionale da sempre imperversante nel canto, ma qui si presenta non nonostante una tecnica corretta ma a causa di una volutamente scorretta, e pazienza se a Roma dovremo fare a meno degli irritanti gorgheggi della peraltro simpatica ex-cassiera (era questo o un altro il mito delle origini umili che raccontano di lei? poco importa...). La capostipite delle ma-quanto-sono-dotata, la Todrara de noantri, è un esempio da manuale: è quando è costretta alla misura, da un Pino Daniele che la produce o da un Fiorello che le fa cantare le sigle in bianco e nero a mo' di Studio Uno, che mostra tutta la sua grandezza, non quando rincorre la meteora Whitney Houston sul terreno del vocalizzo inutile e spropositato. E lei almeno è brava, le altre sono semplicemente insopportabili.
Eppure un altra strada c'è, anche se caso strano non passa per il nostro sciagurato Paese: come in altri campi, infatti, se vuoi avere una speranza devi andartene, e senza pensare nemmeno di tornare. Forse allora in Italia arriverà dopo, ma molto dopo e molto forse, una eco del lavoro che altrove stai facendo ed è apprezzato: è il caso ad esempio di Giacomo Lariccia in Belgio, o di Chiara Civello tra New York e Rio de Janeiro (7752: i chilometri che separano le due metropoli e il titolo del suo ultimo album), una che vi basta sentirla cantare per capire cosa intendevo coi discorsi sconclusionati di prima sia sulle cantantesse che sui generi musicali (cosa fa? jazz? pop? e chissenefrega delle etichette!....).
Volevo lasciarvi col video della mia ultima "scoperta" ma ho da dirvi un'altra cosa a proposito di musica, e in particolare di musicisti che si guadagnano la pagnotta a forza di concerti anche se hanno già fatto la prima serata in televisione, e di beneficenza vera che siamo a Natale e siamo tutti più buoni eccetera: Roy Paci e Aretuska, assieme ad altri artisti, sarà protagonista il 30 dicembre a Barcellona Pozzo di Gotto del Bonarma Day, un evento a favore degli alluvionati di serie C del messinese a cui presenziare e sennò comunque da sostenere (qui ne parla Tony Troja).
E allora vi lascio con degli auguri poetici, presi in prestito dal sito di Laura e Lory, che aiutano davvero a "capire il senso" (anche se questa storia - come del resto questo post e la vita stessa - un seeeenso non ce l'haaaaaa.....).

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