La cronaca politica di questa estate parla di un Sindaco Facente Funzioni, fino a ieri stretto collaboratore del Sindaco uscente e oggi Governatore della Calabria Peppe Scopelliti, che apre una crisi politica sollevando con parole pesanti un gran polverone mediatico per poi misteriosamente farla rientrare come se nulla fosse, perchè - almeno a sentire la voce della strada - se davvero fosse arrivato un commissario prefettizio, anche bendisposto, più di qualcuno avrebbe rischiato la galera. La quotidianità facilmente riscontrabile de visu parla dell'unico capoluogo di provincia italiano senza il gas di città, dell'acqua dai rubinetti che in molte zone ancora manca spesso e quando c'è è salata, di un dissesto idrogeologico che salta all'evidenza alla prima pioggia seria e di uno abitativo che verrà purtroppo evidenziato dal prossimo terremotone, di un'enorme disoccupazione giovanile, e di tante altre cose appunto raccontate meglio di me dal settimanale di Repubblica.
Quello che io posso aggiungere è un po' di memoria personale, come tale magari imperfetta ma credo ugualmente significativa:
- Reggio negli anni 60 era una cittadina liberty piccola bella elegante pulita e vivace, e se i ricordi di un bambino possono essere deformati essi sono confermati dai racconti di tutti coloro che li hanno vissuti già adulti, ma proprio tutti: basta chiedere a un sessanta/settantenne a caso;
- la rivolta del 1970 non fu, come ancora in troppi preferiscono asserire, una cosa pilotata dalla destra eversiva, se non nel senso della famosa "mosca pilota" in groppa all'elefante; fu invece una rivolta popolare di massa con una motivazione giustissima sia in linea di principio (in tutte le Regioni tranne Calabria e Abruzzo il capoluogo fu lasciato dov'era sugli atlanti, nei libri di scuola e nella percezione comune, e anche gli aquilani fecero le barricate quando fu spostato a Pescara ma a loro diedero subito ragione) che in linea di fatto (non era vero, come fu detto, che si trattava di un "pennacchio" senza valore: lo sviluppo nel Sud passa per il potere politico e la gente lo sapeva, che quel passaggio di simbolo significava decenni di abbandono per la propria città), una rivolta di tutti i reggini cavalcata dalla destra per colpevole mancanza degli altri schieramenti, salvo all'inizio la sinistra anarchica;
- nei 23 anni successivi a quei fatti, la città languì nel più totale abbandono; unica "presenza", i lavori per l'intubazione della ferrovia nel lungomare, un'idea sbagliata a priori: rifare il tracciato "a monte" e riprogettare totalmente il waterfront sarebbe stato molto più logico e rapido, oltre a non creare i problemi alle falde acquifere e allo scarico dell'acqua piovana e torrentizia dovuti a quella galleria, rimasta peraltro un mostro di cemento nudo fino alla seconda metà degli anni novanta, a rendere impraticabile al passeggio il litorale;
- in tutto quel periodo, la città non aveva nessuna occasione di svago per i suoi ragazzi nè attrazione turistica, i Bronzi di Riace costituirono un'eccezione per un periodo brevissimo e chi veniva a vederli non si fermava manco per pranzo figurarsi per una o più notti, la gente continuò a comprare le bombole per il gas (ancora oggi la maggioranza non ha il gas di città) e cominciò a rifornirsi di acqua alle fonti (la montagna alle spalle è ricchissima di falde) perchè i rubinetti spesso tacevano o davano acqua salata (e ancora oggi per molti è così, il nuovo acquedotto ha risolto i problemi solo in parte), e tutto ciò si aggiunge ai problemi invece comuni al resto del Sud Italia, disoccupazione con conseguente emigrazione giovanile in testa, anche perchè dal 1970 al 1993 si sono susseguite infinite crisi politiche commissariamenti scandali eccetera, insomma non c'era nessuna guida politica;
- in mezzo a tutto questo, la criminalità passa attraverso alcune fasi: ricordo un periodo in cui saltavano i negozi a decine (una bomba a un ristorante sotto casa ci svegliò di notte buttando giù tutti gli infissi), segno di un racket imperante mentre l'allora presidente della Reggina Calcio e titolare di un'agenzia di vigilanza privata dichiarava ai giornali che a Reggio il racket non esiste, seguito da una guerra di mafia che fece centinaia di morti in pochi anni, con periodi in cui si aveva in media un morto al giorno tanto che era statisticamente probabile trovarsi prima o poi dalle parti di un'ammazzatina (a me capitò di vedere i resti di un tipo spalmati freschi sulla facciata di una palazzina), mentre in provincia si effettuava la transizione dalla 'ndrangheta rurale dei rapimenti a quella internazionale della droga e della finanza: secondo voi, in questo quadro c'è da stupirsi se a quasi nessuno della mia generazione è venuto in mente di avviare un'attività imprenditoriale?
- nel 1993 all'ennesima crisi mette "riparo" (tradendo peraltro anni di campagna giornalistica per l'elezione diretta del sindaco tenuta con la collaborazione di un manipolo di giovani entusiasti tra cui il sottoscritto) Giuseppe Reale, ma il suo tentativo naufraga presto lasciando spazio a Italo Falcomatà, professore comunista che rivela presto doti tali da garantirsi nel 97 la rielezione al primo turno - vera iattura, la legge elettorale aveva un bug: se vincevi al primo turno non prendevi il premio di maggioranza e quindi avevi difficoltà a meno di non avere avuto una maggioranza bulgara, cosa che però avvenne nel 2001, poco prima che una leucemia fulminante ce lo portasse via; quella stagione è stata meritatamente chiamata "primavera di Reggio", e se è vero che potè avvenire anche grazie ad un ingente afflusso di soldi pubblici è anche vero che fu l'unica volta (e la cronaca odierna è qui a testimoniarlo) che quelli furono usati nel modo giusto, e non solo nel senso che furono negati agli appettiti degli amici e degli amici degli amici.
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